E’ ragionevole ritenere che, nei processi per controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie, nonché per quelle individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, l’esenzione disposta a favore della parte che sia titolare di un reddito inferiore a tre volte l’importo previsto dall'articolo 76 debba restare ferma, anche per i giudizi in Cassazione, mentre il richiamo all'art. 13 comma 1 vale solo ad indicare l’ammontare della prestazione dovuta dalle parti che siano titolari di un reddito eccedente tale soglia.
L'esenzione dal pagamento del Contributo Unificato nelle cause di lavoro e previdenza è disciplinata dal comma 1-bis dell’art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002 n. 115 così dispone:
“nei processi per controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie, nonché per quelle individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego le parti che sono titolari di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, superiore a tre volte l'importo previsto dall'articolo 76, sono soggette, rispettivamente, al contributo unificato di iscrizione a ruolo nella misura di cui all'articolo 13, comma 1, lettera a), e comma 3, salvo che per i processi dinanzi alla Corte di cassazione in cui il contributo è dovuto nella misura di cui all'articolo 13, comma 1”.
Le istruzioni impartite dal Ministero della Giustizia con circolare n. 65934 dell’11.05.2012 interpretavano tale norma nel senso che l’esenzione dal contributo unificato, prevista per il primo e secondo grado di giudizio delle controversie di lavoro e previdenziali, non operasse per i giudizi davanti la Corte di Cassazione.
Sulla base di tale interpretazione, dunque, l’Amministrazione della Giustizia ha sino ad oggi preteso il pagamento del contributo unificato, nella misura (maggiore) prevista per i giudizi in Cassazione dall'articolo 13, comma 1, del D.P.R. n. 11512002 escludendo, altresì, la ulteriore riduzione di cui al successivo comma 3, del medesimo articolo 13.
Avverso tale circolare hanno proposto impugnazione innanzi al Giudice amministrativo le Camere del lavoro della Cgil di Milano e di Torino e le Unioni sindacali territoriali della Cisl delle medesime città.
Le organizzazioni sindacali sostenevano che la lettura della norma de qua contenuta nella circolare impugnata fosse errata e che, al contrario, essa dovesse essere letta nel senso che anche per i giudizi in Cassazione operasse l’esenzione dal pagamento del contributo unificato, ove il ricorrente versasse nella situazione reddituale indicata dalla legge (ovvero un reddito familiare, costituito dalla somma dei redditi del ricorrente, del coniuge e di ogni altro familiare convivente, ai sensi dell’art. 76 del DPR 30.05.2002 n. 115).
L’impugnazione era stata rigettata in primo grado dal Tar Lazio.
Il Consiglio di Stato, al contrario, ha accolto la tesi delle organizzazioni sindacali e ha stabilito che la norma in esame debba essere interpretata nel senso che l’esenzione dal pagamento del contributo unificato in materia di lavoro e previdenza debba applicarsi anche ai giudizi innanzi alla Corte di Cassazione (in presenza dei requisiti reddituali imposti dalla norma stessa) e che il richiamo all'art. 13 comma 1 ha il solo effetto di determinare – nel caso in cui l’esenzione non sia operante – la misura del contributo unificato.