Rapporto di fatto alle dipendenze di Pubblica Amministrazione – Non determinante la qualificazione operata dalle parti – Applicabilità dell’art. 2126 cod. civ. – Diritto del lavoratore al trattamento retributivo e previdenziale previsto dal contratto collettivo di comparto
Ai fini della individuazione della natura autonoma o subordinata di un rapporto di lavoro, la formale qualificazione operata dalle parti in sede di conclusione del contratto individuale, seppure rilevante, non è determinante.
Sebbene, quindi, ai sensi dell’art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2010, dettato per l’espletamento di esigenze cui non è possibile far fronte con il personale in servizio, la Pubblica Amministrazione può instaurare, mediante contratto, rapporti di lavoro autonomo, come tali retti dal diritto privato, l’avvenuto accertamento, in concreto, in sede giudiziale, della sussistenza di una fattispecie di lavoro subordinato, benchè non dia luogo alla instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, fa ricondurre il rapporto nell’alveo dell’art. 2126 cod. civ.
Il rapporto di lavoro subordinato instaurato da un ente pubblico non economico, affetto da nullità perché non assistito da regolare atto di nomina o addirittura vietato da norma imperativa, rientra nella sfera di applicazione dell’art. 2126, con conseguente diritto del lavoratore al trattamento retributivo per il tempo in cui il rapporto stesso ha avuto materiale esecuzione.
L’art. 2126 cod. civ. ha applicazione generale e riguarda tutte le ipotesi di prestazione di lavoro alle dipendenze di una pubblica amministrazione, salvo i casi in cui l’attività svolta risulti illecita perché in contrasto con norme imperative attinenti all’ordine pubblico e poste a tutela di diritti fondamentali della persona.
Il trattamento retributivo e previdenziale spettante al lavoratore è quello proprio <<di un rapporto di impiego pubblico regolare>> (in motivazione Cass. n. 12749/2008) e, quindi, quello previsto ex art. 2 d.lgs. n. 165/2001 dal contratto collettivo di comparto, sicchè non può ritenersi che il giudizio di adeguatezza e proporzionalità della retribuzione debba essere espresso valutando il mancato superamento da parte del ricorrente di una regolare procedura concorsuale.
La vicenda processuale, per quello che qui rileva, riguardava l’ipotesi di plurimi contratti di collaborazione coordinata e continuativa che il giudice di merito aveva ritenuto illegittimi, perché stipulati in difetto delle condizioni richieste dalla legge e perché di fatto la prestazione era stata resa in regime di subordinazione.
La corte di Appello di L’Aquila, infatti, aveva ritenuto sussistenti i così detti “indici rivelatori” dell’esistenza di un rapporto di impiego, ossia lo stabile inserimento nell’organizzazione dell’ente, l’adibizione a mansioni rientranti nei compiti istituzionali dello stesso, l’esclusività delle prestazioni, il vincolo di subordinazione gerarchica, la volontà della Pubblica Amministrazione di considerare il lavoratore inserito nella propria struttura burocratica.
La Corte di Cassazione nella sentenza in commento ha confermato la decisione, resa tu tale questione, del giudice del gravame e, richiamandosi a principi giurisprudenziali già affermati in precedenti pronunce, ha formulato i principi di diritto sopra riportati.